In gita senza cellulari
Quando
il contatto umano diventa la vera connessione
Un silenzio inconsueto ha accompagnato la partenza degli studenti della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo “Guglielmo Marconi” di Martina Franca: niente notifiche, selfie, video in diretta o messaggi vocali. La loro recente gita scolastica si è trasformata in un’esperienza fuori dal comune: vivere per alcuni giorni senza l’ausilio dei telefoni cellulari.
Sospendere l’uso della tecnologia, anche solo per un breve tempo, può sembrare oggi un gesto controcorrente, quasi una rinuncia. Eppure, in questo gesto si cela un valore profondo: quello di riportare i ragazzi al centro del loro essere umani, sociali, presenti. In un’età fragile e potente come l’adolescenza, in cui si costruisce l’identità attraverso lo sguardo degli altri, togliere lo schermo significa restituire lo spazio al volto, alla parola, alla vicinanza reale.
Quando i dispositivi si spengono, si accendono le relazioni.
I ragazzi imparano di nuovo ad ascoltarsi, a riconoscere le emozioni nei toni della voce, a sentirsi parte di un gruppo non perché "in una chat", ma perché in cerchio, su una panchina, intorno a un gioco o a una semplice conversazione.
È in questi momenti che si fa spazio l’inclusione vera, quella che non ha bisogno di filtri o di like, ma solo della volontà di esserci per l’altro. Una scelta coraggiosa, fortemente voluta dalla Dirigente scolastica e dal corpo docenti e condivisa con i genitori, uniti nell’ottica di un preciso obiettivo pedagogico: restituire agli studenti l’esperienza del qui e ora, la presenza autentica, il valore dello sguardo, del gesto, della risata condivisa. In un mondo in cui la comunicazione digitale ha preso spesso il sopravvento su quella reale, questa esperienza ha permesso ai ragazzi di riscoprirsi nella loro umanità più profonda.
È stato bello riscoprire il sapore di una risata, la malinconia che subentra dopo un abbraccio; scambiarsi promesse immersi nel verde e nel blu della natura. Le classi seconde e terze, inizialmente titubanti e persino spaventate all’idea di dover rinunciare ai propri smartphone, hanno saputo superare i timori iniziali. In pochi giorni, i dispositivi digitali sono stati dimenticati, sostituiti da carezze spontanee, giochi di gruppo, battute e scherzi, sguardi veri e parole dette a voce alta, non scritte dietro uno schermo.
In un mondo che spinge all’individualismo e all’iperconnessione virtuale, scegliere la disconnessione può diventare un atto pedagogico e persino rivoluzionario. È un invito a riconoscere che la socialità non è un’app, ma un’abilità che si allena nel quotidiano, fatta di errori, silenzi, ma anche di scoperte meravigliose. È un’occasione per scoprire che tutti, anche coloro che si sente ai margini, possono avere un posto nella relazione autentica.
Si sono resi conto di quanto sia autentico essere presenti davvero gli uni per gli altri. L’assenza del cellulare ha lasciato spazio alla pienezza del vivere, alla meraviglia dell’ascolto, alla capacità di stare insieme senza filtri. Un’impresa non semplice, altresì, per le famiglie che hanno dovuto riscoprire il piacere dell’attesa, del coraggio pieno del dare fiducia sia ai propri figli che ai docenti.
Dal punto di vista pedagogico, l’esperienza si inserisce nel solco delle riflessioni di importanti educatori contemporanei come Daniele Novara, che rileva quanto il contatto umano e l’esperienza diretta siano fondamentali nella crescita degli adolescenti. Anche la pedagogista Maria Rita Parsi parla spesso del “bisogno educativo di relazioni vere” e della necessità, per i ragazzi, di costruire una propria identità attraverso l’interazione reale e non mediata da schermi. Rinunciare temporaneamente allo smartphone non è privarsi di qualcosa, ma offrirsi un dono: il tempo vero, lo spazio condiviso, la possibilità di appartenersi. Ed è da questo appartenersi che nasce il senso profondo dell’inclusione, quella che non si proclama, ma si costruisce, giorno dopo giorno, gesto dopo gesto. L’uscita didattica al centro velico di Policoro ha consentito un’immersione avvolgente: tra natura, sport e contatto. I ragazzi hanno vissuto l’emozione dell’appartenenza malgrado le diverse e colorite personalità.
Ciò ha garantito, effettivamente, la possibilità di dar forma alla vera inclusione laddove ognuno, con le proprie caratteristiche, si è sentito parte integrante di un gruppo capace di vivere qualcosa di grande, autentico. È in questa sospensione dal digitale che si può davvero imparare a essere con gli altri e, non solo, accanto. Questo percorso, dunque, non è stata solo un momento di svago, ma una vera e propria lezione di vita.
Una lezione che ha insegnato che il silenzio dello smartphone può fare rumore nel cuore, che disconnettersi dalla rete può voler dire riconnettersi a se stessi e agli altri.
Ai giovani che cercano il loro posto nel mondo, questa esperienza lancia un messaggio chiaro: il futuro si costruisce con le mani, con la voce, con il cuore. Quindi, ragazzi, cercatevi negli occhi, nelle parole, nelle emozioni vere, perché il contatto umano è la chiave per costruire davvero il futuro!
La Redazione
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